Realtà ahahah

Far comprendere che la vita è una barzelletta cosmica,non sarà facile ma ci proverò
Grande povertà è quando l'uomo ha bisogno di tante cose: perché così egli dimostra di essere povero di cose del Grande Spirito.
Tuiavii capo polinesiano
Partirono alla ricerca della Verità. Trovarono chi li stava sognando.
Alejandro Jodorowsky
Nessuno va chiamato nemico; tutti sono tuoi benefattori, e nessuno ti fa
del male.
Non hai nemici, eccetto te stesso.
Francesco d’Assisi

I GOVERNI NON VOGLIONO UNA POPOLAZIONE IN GRADO DI PENSIERO CRITICO VOGLIONO LAVORATORI OBBEDIENT

I GOVERNI NON VOGLIONO  UNA POPOLAZIONE IN GRADO DI PENSIERO CRITICO  VOGLIONO LAVORATORI OBBEDIENT
I GOVERNI NON VOGLIONO
UNA POPOLAZIONE IN GRADO
DI PENSIERO CRITICO

VOGLIONO LAVORATORI OBBEDIENTI
PERSONE INTELLIGENTI QUANTO BASTA
PER FAR FUNZIONARE LE MACCHINE
E STUPIDI ABBASTANZA PER
ACCETTARE PASSIVAMENTE LA LORO SITUAZIONE

giovedì 22 novembre 2012

Del ricoprirsi del Papalagi, dei suoi molti panni e stuoie


Il Papalagi è continuamente preoccupato di coprire ben bene la sua carne. «Il corpo e le sue membra sono carne, solo quello che sta sopra il collo è il vero uomo»; così dunque mi disse un bianco che godeva di grande prestigio ed era considerato molto saggio. Voleva dire che degna di considerazione è solo la parte dove hanno dimora lo spirito e tutti i buoni e i cattivi pensieri. La testa. Quella, e in caso estremo anche le mani, il bianco le lascia volentieri scoperte sebbene anche la testa e le mani altro non siano che carne e ossa. Chi lascia vedere la propria carne, non può più vantare alcun diritto di essere chiamato civile. Quando un giovane sposa una fanciulla, non sa mai se è stato imbrogliato, perché non ha mai visto il suo corpo.
La carne è peccato. Così dice il Papalagi. Poiché il suo spirito è grande grazie al suo pensiero. Il braccio che si leva per il lancio nella luce del sole, è una freccia del peccato Il petto su cui ondeggia l'onda del respiro, è la dimora del peccato... Le membra con le quali la vergine ci offre una danza sono peccaminose. E anche le membra che si toccano per fare la creatura a gioia della grande terra, sono peccato. Tutto è peccato ciò che è carne. In ogni tendine c'è un veleno, un subdolo veleno che passa da creatura a creatura. Chi anche solo guarda la carne, sugge il veleno, ne è ferito, è altrettanto riprovevole e perverso quanto colui che la mette in mostra. Così dunque dicono le sacre leggi morali dell'uomo bianco.
Anche per questo il corpo del Papalagi è ricoperto dalla testa ai piedi di panni, stuoie e pelli, in maniera così fitta e spessa che non un occhio umano vi può giungere, non un raggio di sole, così che il suo corpo diventa smorto, bianco e appassito come i fiori che crescono nel profondo della foresta vergine.
Lasciate che vi descriva, più ragionevoli fratelli delle molte isole, quale peso un solo Papalagi porta sul suo corpo. Prima di tutto, sotto ogni altra cosa, egli avvolge il suo corpo nudo in una pelle bianca, ottenuta con le fibre di una pianta, chiamata pelle di sopra. La si solleva e la si lascia ricadere dall'alto verso il basso, da sopra la testa, sul petto e sulle braccia, fino all'altezza dei fianchi. Sopra le gambe e le cosce e fino all'ombelico, tirata dal basso verso l'alto, viene la cosiddetta pelle di sotto. Entrambe sono poi ricoperte da una terza pelle, più spessa, intessuta con i peli di un animale, un quadrupede lanoso, che viene allevato appositamente a questo scopo. Questi sono i veri e propri panni e consistono per lo più di tre parti, una che copre il busto, l'altra l'addome e la terza le cosce e le gambe. Le tre parti sono tenute insieme da conchiglie e funi fabbricate con i succhi disseccati dell'albero della gomma, così che da ultimo sembrano fatte di un pezzo solo. Questi panni sono nella maggior parte dei casi di un colore grigio come la laguna nella stagione delle piogge. Non devono mai essere colorati. Tutt'al più quello di mezzo, e anche qui soltanto per gli uomini che amano far parlare di se e corrono molto dietro alle donne.
l piedi infine vengono avvolti in una pelle morbida e in una molto rigida. Quella morbida è per lo più elastica e si adatta facilmente al piede, al contrario di quella rigida. Anche questa è fatta con la pelle di un robustissimo animale, la quale viene lasciata a bagno nell'acqua, poi raschiata con un coltello, battuta e stesa al suolo fino a che si è completamente indurita. Con questa il Papalagi si costruisce poi una sorta di canoa dal bordo molto alto, grande giusto quanto basta per farvi entrare il piede. Queste barche da piedi vengono poi legate e allacciate con cordoni e ganci intorno alla caviglia, così che il piede resta chiuso in un rigido guscio, come il corpo di una lumaca di mare. Queste pelli da piedi il Papalagi se le porta addosso dal levar del sole fino al tramonto, con esse fa i suoi viaggi, danza e le porta anche quando fa caldo come dopo la pioggia tropicale.
Poiché tutto ciò è assai innaturale, come il bianco del resto ben comprende, e rende i piedi come morti, tanto che cominciano a puzzare, e poiché in effetti la maggiore parte dei piedi europei non sanno più afferrare una cosa o arrampicarsi su una palma, per tali ragioni il Papalagi cerca di nascondere la sua follia ricoprendo la pelle di questo animale, che al naturale sarebbe rossastra, con molto sudiciume, che poi rende lucido a furia di strofinare, così che gli occhi non possono sopportarne il luccichio e si volgono altrove.
Una volta, in Europa viveva un Papalagi che divenne famoso e dal quale andava molta gente, perché diceva loro: «Non è bene che portiate ai piedi pelli così strette e pesanti, andate a piedi nudi sotto il cielo, fintanto che la rugiada della notte copre i prati, e tutte le malattie si allontaneranno da voi». Quest'uomo era molto sano e saggio; ma tutti hanno sorriso di lui e lo hanno presto dimenticato.
Anche la donna porta come l'uomo molte stuoie e panni intorno al corpo e intorno alle gambe. La sua pelle è perciò tutta segnata da cicatrici e ferite a causa dei lacci. I seni sono vizzi e spenti e non danno più latte, per l'oppressione di una stuoia che lei si lega intorno al petto, dal collo fino al basso ventre, e anche sulla schiena, una stuoia indurita e irrigidita con ossa di pesce, filo di ferro e vari legacci. Perciò la maggior parte delle madri non possono più allattare i propri figli e devono dare loro il latte in un rotolo di vetro, chiuso sotto e munito al di sopra di un capezzolo finto. E non e neppure il proprio latte, quello che danno loro, ma il latte di brutti animali rossastri e cornuti ai quali viene tolto con la forza, premendolo fuori da quattro tappi che hanno sotto la pancia.
Per il resto i panni delle donne e delle fanciulle sono molto più sottili e leggeri di quelli degli uomini, e possono anche essere variopinti e luccicare tanto da essere visti da lontano. Inoltre lasciano anche spesso intravedere collo e braccia e più carne di quelli degli uomini. Tuttavia è considerata buona cosa che una fanciulla si copra molto e allora la gente dice di lei con compiacimento: «È casta», e ciò sta a significare che rispetta le leggi dei buoni costumi.
Perciò non ho mai capito perché in occasione delle grandi feste e dei banchetti le donne e le fanciulle possono lasciar scoperta molta più carne sul collo e sulle spalle, senza che ciò sia vergogna. Ma forse questo rappresenta appunto il pepe della festa, che in tali occasioni venga permesso ciò che non è consentito tutti i giorni.
Solo gli uomini tengono sempre ben coperti il collo e la schiena. Dal collo fino ai capezzoli, le signore portano ben disteso un pezzo di panno rigido, grande quanto una foglia di taro. Sopra di esso posa, legato intorno al collo, un cerchio anch'esso bianco e rigido dello stesso panno, e questo rigido anello egli lo cinge con una striscia di panno colorato, che annoda come la fune di una barca e poi trafigge con un chiodo d'oro o vi mette sopra una perla di vetro, e lascia che il tutto gli penzoli davanti come un'insegna. Molti Papalagi portano anche rigidi anelli di panno bianco ai polsi; mai però alle caviglie.
Quell'insegna bianca e gli anelli bianchi ai polsi sono di grande importanza. Un Papalagi non compare mai senza questo ornamento davanti a una donna. Cosa molto grave è quando il rigido anello è diventato nero e non porta più nessuno splendore di luce. Molte signore importanti cambiano perciò ogni giorno gli anelli bianchi e rigidi sia al collo, sia ai polsi.
Mentre la donna possiede numerosi panni colorati da festa, che custodisce in molte casse, collocate ritte in piedi, e si dà molto pensiero di quello che indossa oggi o domani, se deve essere lungo o corto, e parla sempre con molto amore degli ornamenti che ci deve mettere sopra, l'uomo ha di solito un unico abito da festa e non ne parla quasi mai. Questa è la cosiddetta giubba a coda di rondine, di panno nero come la notte, che in fondo alla schiena finisce a punta, come la coda di un pappagallo della foresta. Con questo abito da festa anche le mani devono avere una pelle bianca, che ricopre strettamente tutte le dita, tanto che il sangue ribolle e affluisce al cuore. Per tale ragione è talvolta anche consentito che uomini ragionevoli tengano queste pelli solo in mano o che le infilino dentro il panno, all'altezza del cuore.
Non appena un uomo o una donna lasciano la capanna per passare sulla strada, subito si avvolgono in un ulteriore panno, che è pesante o leggero secondo che brilli il sole o faccia freddo. Poi si coprono anche la testa, gli uomini con un vaso nero e rigido, arrotondato e vuoto all'interno, come il tetto di una casa delle Samoa; le donne invece con grandi canestri e ceste rovesciate sui quali annodano fiori che non sfioriscono mai, piume, strisce di panno, perle di vetro e altri ornamenti di ogni genere. Assomigliano agli ornamenti che hanno sul capo le vergini durante una danza di guerra, solo che questo è molto più bello e anche nella danza o nella tempesta non può cadere. Gli uomini sollevano questi vasi da testa a ogni incontro, in segno di saluto, mentre le donne piegano solo lievemente in avanti il peso che portano sul capo, come una barca mal caricata.
Solo la notte, quando il Papalagi brama la sua stuoia, egli si toglie di dosso tutti quei panni, ma subito se ne infila un altro, un pezzo unico aperto sui piedi, che lascia scoperti. Anche le donne e le fanciulle portano questo panno da notte, per lo più riccamente adorno intorno al collo, sebbene di questo si veda ben poco. Non appena il Papalagi si è steso sulla sua stuoia, subito si ricopre dalla testa ai piedi con le piume strappate dalla pancia di un grande uccello e rinchiuse in un grande telo perché non possano disperdersi e volare via. Queste piume inducono il corpo a sudare e il Papalagi così pensa di essere steso al sole, anche quando non lo è. Perché, in realtà, del vero sole il Papalagi non si interessa molto.
È ora ben chiaro che, con tutte queste cose addosso, il corpo del Papalagi diventa bianco e smorto, senza il colore della gioia. Ma lui ama fare così. In effetti le donne, specialmente le fanciulle, sono preoccupate di proteggere la pelle, perché non si arrossi nella grande luce, e a loro difesa, non appena si espongono al sole, si aprono un tetto sopra la testa. Come se il pallido colore della luna fosse loro più gradito del colore del sole. Ma al Papalagi piace farsi in tutte le cose una saggezza e una legge secondo il suo pensiero. Poiché il suo naso è appuntito come il dente di un pescecane, lo trova bello; e il nostro, che è sempre tondo e morbido, lo trova brutto, sgraziato, mentre noi diciamo esattamente il contrario.
Essendo i corpi delle donne e delle fanciulle così accuratamente ricoperti, gli uomini e i giovanetti provano un intenso desiderio di vedere la loro carne, come è naturale. Notte e giorno ci pensano e parlano molto delle forme delle donne e delle fanciulle, e sempre in modo che ciò che è bello e naturale appaia un grande peccato, come qualcosa che può essere visto solo nell'ombra più fonda. Se lasciassero vedere la carne più apertamente, potrebbero dedicare i loro pensieri ad altre cose, e i loro occhi non si storcerebbero e le loro bocche non pronuncerebbero parole vogliose ogni volta che incontrano una fanciulla.
Ma la carne è peccato, è di demonio. C'è pensiero più stolto, cari fratelli? Se si dovesse credere alla parola del bianco, si dovrebbe con lui desiderare piuttosto che la nostra carne fosse rigida come lava e priva di quel dolce calore che viene da dentro. Ma noi vogliamo ancora rallegrarci della nostra carne che può parlare con il sole, di poter muovere le gambe come il cavallo selvatico perché nessun panno le lega e nessuna pelle appesantisce i piedi, di non essere costretti a fare attenzione perché il nostro copricapo non ci cada dalla testa. Godiamoci la gioia che ci dà la vergine che è bella nel corpo e mostra le sue membra al sole e alla luce della luna. Stolto, cieco e senza il senso della vera gioia è il bianco che deve tanto ricoprirsi per essere senza vergogna.

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