Realtà ahahah

Far comprendere che la vita è una barzelletta cosmica,non sarà facile ma ci proverò
Grande povertà è quando l'uomo ha bisogno di tante cose: perché così egli dimostra di essere povero di cose del Grande Spirito.
Tuiavii capo polinesiano
Partirono alla ricerca della Verità. Trovarono chi li stava sognando.
Alejandro Jodorowsky
Nessuno va chiamato nemico; tutti sono tuoi benefattori, e nessuno ti fa
del male.
Non hai nemici, eccetto te stesso.
Francesco d’Assisi

I GOVERNI NON VOGLIONO UNA POPOLAZIONE IN GRADO DI PENSIERO CRITICO VOGLIONO LAVORATORI OBBEDIENT

I GOVERNI NON VOGLIONO  UNA POPOLAZIONE IN GRADO DI PENSIERO CRITICO  VOGLIONO LAVORATORI OBBEDIENT
I GOVERNI NON VOGLIONO
UNA POPOLAZIONE IN GRADO
DI PENSIERO CRITICO

VOGLIONO LAVORATORI OBBEDIENTI
PERSONE INTELLIGENTI QUANTO BASTA
PER FAR FUNZIONARE LE MACCHINE
E STUPIDI ABBASTANZA PER
ACCETTARE PASSIVAMENTE LA LORO SITUAZIONE

martedì 25 dicembre 2012

Da piccolo......

In questo periodo festivo, quando ero piccolo la tv trasmetteva sempre grandi comici.
Faccio altrettanto,la risata per me è l"evento più divino.
Grazie Toto

sabato 22 dicembre 2012

Vergogna


Vergogna rabbia e sconforto

Oggi davvero mi vergogno dell'italia e di essere italiano come non mai. Con un aereo di Stato i due militari colpevoli dell'assassinio di due pescatori indiani sono stati prelevati in Kerala e sono sbarcati a Roma. Due Ministri Terzi e Santa Paola sono stati ad accogliergli all'aeroporto accompagnati da un corteo di altissimi membri della oligarchia militare. Il Presidente della Repubblica li riceverà in modo solenne in Quirinale, Non so se è prevista medaglia d'oro per l'eroica impresa. Per quanto mi sforzi mi sfugge il senso di tante fastose accoglienze e non so dove si va a parare,. Certo mai prima d'ora si era giunti a tanta depravazione dello Stato! E' uno Stato che premia e festeggia l'assassinio!

martedì 18 dicembre 2012

Abbasso benigni,e viva l"Italia


Dolce Remi’, Roberto Benigni, nato appunto Roberto Remigio e pasciuto Benigni, il ragioniere che lesse Dante dopo Carmelo Bene. Da Bene a Benigni l’Italia crollò. Cosa avrebbe detto l’attore letterato salentino di noi e di lui? Che ce lo siamo meritato un cane così bavoso che ringhia come una pecora, perché siamo dannati ed applaudiamo all’ovvio, dopodiché il grande Carmelo ci avrebbe mandati tutti a farci un the, per non dir di peggio. Benigni il ruffiano non si inimicherebbe mai il vasto pubblico, non attaccherebbe mai a “sinistra e a manca”, non è una ripetizione è la realtà, poiché  gli serve il plauso del pubblico benpensante e poco pensante per darsi una ragione di vita.
Per questo si prostituisce in prima serata con le sue lezioncine a modo, facendoci la morale del secolo scorso. Tanto odiò Berlusconi che lo imitò al contrario, quest’ultimo fissato per la sana e robusta costituzione e l’altro per la Costituzione spogliata di senso storico e di pudore. Si è quindi buttato sulla Costituzione, già ridotta a carne di porco, alla ricerca di facile consenso, dopo cheShel Shapiro l’ha musicata; cioè il secondo  l’ha cantata e il primo l’ha canzonata, con il medesimo risultato deprimente. Benigni si riassume in un solo gesto, è passato da prendere in braccio Berlinguer a prenderci per il culo tutti. Che la carta fondamentale abbia avuto un ruolo decisivo nella storia Repubblicana nessuno lo può contestare, com’è incontestabile il fatto che oggi non serva più a nulla, essendo stata tradita dagli stessi che l’hanno innalzata e ridotta a feticcio dei propri interessi di partito e di bottega, ormai distanti anni luce da quelli del popolo e della nazione. Anzi, come sempre avviene, chi sventola più in alto le bandiere lo fa per pulirsi il sedere. Tutto passa, dunque anche la Costituzione, diventata uno statuto libertino dei peggiori svenditori della patria, quel che non passa mai di moda sono invece i ciarlatani che suonano il motivetto istituzionale mentre lo Stato va a picco. Articolo 1 di questa miseria nazionale: L’Italia è una Repubblica fondata sui traditori osannati dai buffoni.Del resto, prendereste lezioni di storia o di diritto da uno che nel suo film capolavoro di revisionismo fa liberare Auschwitz dai carrarmati americani anziché da quelli sovietici, come in effetti è successo? Si meriterebbe un bel lancio di uova in faccia altro che ovazioni. Abbasso i miserabili e viva l’Italia.

sabato 15 dicembre 2012

Pubblicita contro gli occhiali



Dall"interessantissimo sito,,,,www.sistemabates.it



In cosa consiste la Cura della Vista secondo il “Sistema Bates™”?
Il “Sistema Bates™” è l'applicazione pratica dei princìpi fondamentali di funzionamento della visione normale, scoperti dal Dott. W.H. Bates in cinquant’anni di pratica clinica e ricerca scientifica ed esposti per la prima volta in maniera organica nel 1920 attraverso la pubblicazione del libro originale Vista Perfetta Senza Occhiali — Bates.
È un “sistema” di cura basato sull’auto-trattamento per il rilassamento mentale e non una “ginnastica per gli occhi”: non si tratta, infatti, di stimolare o rafforzare muscoli oculari diventati o nati pigri, né si tratta di praticare un unico, universale, “metodo” di guarigione, perché non esiste una pratica specifica che funzioni bene e ugualmente per tutti, specialmente all’inizio.
Praticando i vari metodi del Sistema Bates™ la persona si esercita a rimanere consapevole del modo di vedere che ha l’occhio normale, che non fa mai tentativi per vedere, fino a quando la sua visione buona o perfetta non sia diventata il modo normale di usare gli occhi, sempre per tutto il tempo.
Bates aveva scoperto che chi ha una buona vista è abituato naturalmente a:
  • non fissare mai lo sguardo
  • dondolare continuamente tutti gli oggetti visti e anche quelli non visti
  • vedere bene una piccola parte di un oggetto al meglio e la restante parte non così bene
  • chiudere frequentemente gli occhi e riposarli
Ciò si traduce nel praticare costantemente e consapevolmente almeno tre “capisaldi”:
  1. il palmeggiamento, che consiste nel chiudere gli occhi e coprirli con i palmi delle mani senza toccarli, da ripetersi più volte durante il giorno per periodi più o meno lunghi; il ricordo o l’immaginazione di un colore o di oggetti e paesaggi di cui si può avere una visualizzazione mentale perfetta accelera ed amplifica questo processo di riposo e porta, se riesce, alla cura rapida e definitiva molto velocemente;
  2. la centrale fissazione, che è l’abilità propria dell’occhio sano di vedere “peggio” le parti degli oggetti o delle lettere che non si stanno guardando direttamente e di conseguenza di fare scivolare lo sguardo in modo tale che la parte che si guarda direttamente è sempre più netta e distinta di quella che gli gira intorno;
  3. il dondolìo, e cioè l’accorgersi continuamente che, quando si muovono gli occhi, la percezione che noi abbiamo dello spazio circostante simuove nella direzione contraria, e che la ripetizione ritmica e dondolante di questo tipo di movimento è fonte di rilassamento e di miglioramento della vista e del benessere del corpo/mente in generale.
Il grande genio del Dott. Bates è stato quello di scoprire che i veri meccanismi della vista sono mentali e che solo educando il paziente a pensare correttamente — ciò che solo il Sistema Originale del Dott. Bates fa— si può guarire dai difetti visivi, o migliorare la vista nei casi in cui essa sia già normale.

martedì 11 dicembre 2012

Misteri della vita

Una volta leggevo il giornale la  repubblica,ovvio mi aveva ipnotizato,adesso leggo di tutto,il mio preferito a tiratura nazionale è il giornale di berlusconi,la vita è proprio misteriosa,ahahah


Un premio ridicolo a un'Europa fasulla

Tre burocrati senza legittimità a Oslo per ritirare il premio a nome dell'Unione Europea


Erano in tre, ma non ne facevano uno. Tre burocrati privi di legittimità. Tre grigi «carneadi» sconosciuti, di cui molti dei 500 milioni di europei non distinguono titoli e funzioni.
Eppure quel terzetto senza voti e senza qualità è arrivato a Oslo a nome di tutta l'Unione Europea.
Nessun elettore li ha mai scelti. Nessun suddito dell’Unione ha mai potuto giudicare con un voto se i loro atti valgano le tasse versate a Bruxelles. Ma son tutti e tre presidenti e lasciarne uno a casa non si poteva. A Bruxelles il signor Herman Van Rompuy, è conosciuto come il «topo grigio». Nel 2011 il 96 per cento dei tedeschi consultati per un sondaggio sull’Unione ignorava chi fosse e cosa facesse. Eppure resta il presidente del Consiglio europeo. Poco riverito, ma pagato ogni mese molto più del presidente degli Stati Uniti.
Non appena arrivata la notizia del Nobel per la Pace all'Unione Europea Van Rompuy si è puntualmente fatto avanti per ritirarlo. E ha immediatamente brigato per lasciar a casa l'odiato Manuel Barroso, il presidente della Commissione europea colpevole di svolgere una funzione più comprensibile della sua e di godere persino di un minimo di notorietà. Il giochino del Barroso a piedi è, da sempre, il suo sport preferito. Nel giugno del 2011 s'imbarcò in tutta fretta su un aereo messogli a disposizione dall'aviazione militare belga e volò nella steppa del Volga per stringer la mano al presidente russo Dmitry Medvedev. A Barroso, atteso pure lui da quelle parti, non restò che affittarsi un jet privato. Il biglietto da 60mila euro lo pagammo noi europei.
Ma cosa importa? L'importante alla fine è esser degnamente rappresentati.
Così stavolta quelli di Bruxelles hanno fatto anche meglio. Sullo stesso volo ci hanno infilato pure il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. Può contare solo sui voti di un partito socialdemocratico minoritario anche a casa propria. Deve il suo unico quarto d'ora di notorietà continentale al titolo di kapò regalatogli da Berlusconi. Ma è anche lui un presidente. Dunque a Oslo pure lui. In tre non ne fanno uno, ma giustificano la sfrontata, cinica crudezza di Nigel Farage, il leader del partito indipendentista inglese che rivolgendosi all'esterrefatto «presidente» Van Rompuy, seduto davanti a lui nell'aula di Bruxelles, evocò il sogno di un’Europa guidata da un politico di statura globale, capace di misurarsi alla pari con le altre grandi potenze. Poi guardò negli occhi lo sconcertato «topo grigio» e lo schiacciò con una frase. «Invece ciò che abbiamo sei tu. Non per essere scortese, ma hai il carisma di uno straccio bagnato e l'aspetto di un bancario di basso rango... dunque vorrei chiederti una cosa. Chi sei? Non ho mai sentito parlare di te. Nessuno in Europa ha mai sentito parlare di te». Ieri a Oslo si son presentati in tre. Ma non ne facevano uno. E in molti europei si è fatta strada la stessa irrispettosa, sanguigna curiosità del signor Farange. «Presidenti, chi siete?».

domenica 9 dicembre 2012

Verità


Quando un uomo va a dormire, egli prende con sé il tessuto di questo
mondo che tutto contiene, lui stesso lo distrugge, lui stesso lo costruisce, e
sogna attraverso la propria chiarezza la propria luce. Allora, questa persona
è illuminata.
Là non vi sono né carri, né buoi, né strade.
Ma egli estrae da se stesso carri, buoi e strade.
Là non vi sono né gioie, né piaceri, né delizie.
Là non vi sono né cisterne, né vasche di fior di loto, né correnti.
Ma egli estrae da se stesso cisterne, vasche di fior di loto, correnti.
Poiché egli è il creatore.
Upanishad

venerdì 7 dicembre 2012

Gli italiani sono disonesti? No sono schiavizzati


di Enrico Galoppini fonte
Alcuni giorni fa, Domenico Scilipoti, parlamentare già dell’IdV e noto inizialmente per aver formato ilMovimento di Responsabilità Nazionale a sostegno dell’ultima fase di un Governo Berlusconi colpito da “scandali” e “tradimenti”, è stato invitato ad una trasmissione de “La7” nella quale, in studio, sono ospiti fissi giornalisti della “autorevole” stampa estera.
Scilipoti, da un po’ di tempo, s’è fatto portavoce d’istanze sovraniste monetarie, culminate in un recente convegno presso la Camera dei Deputati, assieme al prof. Claudio Moffa, dedicato alla discussione di alcune proposte mirate alla restituzione della proprietà della moneta al popolo italiano.
Ma prima di procedere, invito a seguire con attenzione lo spezzone video della trasmissione in oggetto:http://www.youtube.com/watch?v=i3E2yxbW0Dg&feature=em-share_video_user
Ora, se uno non è completamente plagiato dai “media” e dalla mentalità che inducono, e se la sua capacità di discernimento non s’è ottenebrata del tutto, non faticherà a scorgere in quel che ha visto e ascoltato quanto segue.
Ma per prima cosa, una questione di “metodo”. Accettare l’invito in queste trasmissioni, sia “leggere”, sia “impegnate”, per parlare di questioni molto serie è completamente tempo perso. Gli autori, i conduttori e gli ospiti fissi di questi programmi – ammesso che lavorino “in autonomia” - preparano una situazione perfetta per screditare, di fronte ad un pubblico che conoscono bene come i proverbiali “polli”, l’invitato “scomodo” di turno. Ci sono mille sistemi: s’interrompe l’ospite mentre parla (meglio se sul più bello), si sminuisce, si travisa (“ma vuole tornare alla lira?”), si ridicolizza, si spaccia per assurda una cosa ragionevole (“ma come, un condono fiscale?”), si crea un clima non consono all’argomento trattato eccetera eccetera.
Molto meglio, quindi, se si ha qualcosa d’importante da dire, andare in mezzo alla gente, parlare faccia a faccia, ovunque si renda possibile, uscendo da quella parvenza di realtà che è la televisione: Grillo, questo, l’ha capito bene, proibendo ai suoi di partecipare a questi “salotti televisivi” e prediligendo le piazze. Molto più efficace il passa parola e il contatto reale che farsi infilare nel “panino” confezionato dagli ideatori di una trasmissione televisiva, destinata ad un pubblico per sua natura distratto e condizionabile al massimo grado.

mercoledì 5 dicembre 2012

I GIGANTESCHI PARASSITI CHE DIVORANO IL FRUTTO DELLE UMANE FATICHE


Roma – L’84% delle transazioni finanziarie è ormai in mano ai robot. Solo il 16% delle transazioni di borsa è portato a termine veri investitori che interagiscono con veri broker, il resto secondo il gruppo per le Quantitative and Derivative Strategies di Morgan Stanley è opera di computer che processano milioni di operazioni ad altissima velocità e frequenza, senza l’intervento di operatori umani. Il dato è relativo al periodo ottobre-dicembre del 2011.
UNO STRUMENTO IMPROPONIBILE – L’High Frequency Trading è considerato il segreto (o uno dei segreti) della veloce ripresa delle banche d’affari dopo il crack del 2008 e Goldman Sachs ad esempio domina con un volume d’operazioni doppio rispetto ai maggiori concorrenti.
Niente di buono perché lo HFT si porta dietro alcuni difetti originali che ne fanno semplicemente uno strumento incompatibile con il funzionamento minimamente sensato delle borse. Prima di tutto perché è accessibile solo ai giganti della finanza, dotati di hardware dalla potenza spaventosa, che possono pagare programmatori e matematici in grado di sviluppare software utili a “scremare” profitti da un enorme numero di transazioni aperte e chiuse nelle spazio di secondi, in un gioco dove anche i millisecondi hanno importanza vitale.
UNA CORSA TRUCCATA – Gli algoritmi elaborano le tendenze di borsa e ordinano alle macchine di piazzare migliaia di ordini seguendo le tendenze del mercato, aprendo posizioni che sono chiuse immediatamente dopo con guadagni teoricamente risibili, ma che moltiplicati per il numero delle operazioni diventano imponenti.
Questi trader privilegiati in virtù della loro potenza finanziaria e tecnologica godono per di più di vantaggi rilevanti rispetto alla platea degli investitori comuni, il più curioso dei quali è addirittura la possibilità di vedere gli ordini sul mercato un po’ prima che appaiano sui terminali dei piccoli investitori, nel caso del Nasdaq si tratta di un vantaggio di appena 30 millisecondi, più che sufficienti alle macchine dei privilegiati per rilevare prima di altri quel che accadrà e approfittarne.
I PICCOLI SONO IMPOTENTI – I computer dedicati allo HFT possono bullarsi degli investitori tradizionali, emettere e cancellare ordini quasi simultaneamente, avvantaggiarsi d’informazioni riservate, lanciare rally e farli evaporare all’improvviso, avendo come unici concorrenti plausibili solo altri sistemi simili. Che una cosa del genere possa essere consentita come se fosse la cosa più normale del mondo, rimane un mistero legato all’influenza di quella finanza sulla politica e sulle autorità che dovrebbero intervenire per reprimere attività del genere e che invece sono “convinte” con facilità a lasciare che il settore si regoli da solo.
DILAGA – Il problema è che oggi l’attività di queste macchine si è ormai estesa a quasi tutti i tipi di contrattazione, dai mercati azionari a quelli monetari, fino a quelli che trattano le materie prime, facendo di fatto saltare qualsiasi correlazione tra il trading e le realtà economiche sottostanti.
“La mano invisibile del mercato” è stata sostituita dalla manona invisibile dei computer che si battono armati di algoritmi arando il mercato e traendone profitti irrealizzabili da chiunque altro. Sembra evidente intuitivo poi che i profitti ricavati da queste attività siano sottratti alla concorrenza disarmata, ma secondo la fantastica matematica dei signori di Wall Street, quella che ad esempio si fonda sul credere che esista una cosa come la crescita infinita, sarebbe vero invece il contrario e quelli dello HFT porterebbero addirittura vantaggi ai mercati, che però sono giochi a somma zero e quindi contesti dove il profitto di alcuni arriva inevitabilmente a spese di altri.
LE PROVE – Proprio di recente The New York Times ha raccontato del rapporto firmato dal capo della Commodity Futures Trading Commission, Andrei Kirilenko, che mette nero su bianco proprio questa “scoperta”, anche se si tratta di un’evidenza disponibile a chiunque fin da una veloce analisi dei fondamenti del sistema, non fosse altro per i vantaggi evidenti e le discriminazioni che introduce a favore dei grandi operatori ad altra frequenza.
PAGANO I PICCOLI – Lo studio è stato accolto con prudenza, della quale però non c’è traccia nelle conclusioni di Kirilenko, che sostiene con forza sia i dati sui quali si è fondata la ricerca, eccellenti, che le conclusioni nette alle quali ha permesso di pervenire, su tutte quella per la quale HFT procurerebbe danni grossi agli investitori tradizionali, quelli che in teoria dovrebbero valutare la qualità di quanto commerciano e contribuire con le loro offerte a formarne il prezzo di mercato o ad allocare gli investimenti presso i progetti economici più redditizi. Risultati difficili da perseguire mentre i droni della grande finanza ronzano ad altezze irraggiungibili ai comuni mortali e muovono i mercati secondo logiche che nulla hanno a che fare con le loro teoriche ragioni d’essere.
CREDIBILITA’ ZERO – Secondo Kirilenko se non si porrà rimedio gli investitori si sposteranno per forza verso mercati meno trasparenti, ma dove almeno non arrivano quelli dello HFT, perché mettere i propri soldi in un gioco dalle regole truccate dove la vittoria è riservata a chi fa e disfa le regole a proprio vantaggio alla fine erode la fiducia dei clienti, già ai minimi dopo che al crack del 2008, sono seguite la farsa del “troppo grandi per fallire”, i salvataggi a carico dei contribuenti e anche una catena degli scandali che ha mostrato come tutto quanto era stato affidato alla responsabile autogestione dei colossi bancari e finanziari si è invece rivelato inquinato dagli abusi e dalle truffe, che non hanno risparmiato neppure la fissazione del LIBOR, il tasso che funziona da meridiano di riferimento per quasi tutte le transazioni finanziarie nel mondo.
SEGNI DI CRISI – L’unica nota positiva è in realtà un segnale d’allarme, perché se i profitti di questa particolare industria sono in calo nonostante l’allargarsi ad altre borse, i volumi sono calati negli ultimi tempi e non solo a causa di una vera e propria corsa agli armamenti che ha visto le banche dotarsi di macchine sempre più potenti e costose, fino a che anche il loro acquisto e gestione ha raggiunto costi stellari e costretto i protagonisti a dotarsi di veri e proprie strutture dedicate a mantenersi al passo della concorrenza.
UNA PRATICA PERICOLOSA – Secondo Kirilenko è abbastanza evidente che i profitti derivanti da HFT aumentino con l’aumentare dell’aggressività degli algoritmi e delle indicazioni impartite ai trader, ma con l’adozione di profili più aggressivi aumentano anche le probabilità che qualcosa vada storto, come nel caso dell’ormai famoso “flash crash”, che vide la borsa americana sprofondare quasi del 10% nello spazio di un amen a causa di qualcosa che è andato storto dalla parte dei trader ad alta frequenza. Quell’incidente nel 2010 ha avuto almeno il merito di spaventare alcuni legislatori e da spingerli ad interessarsi del fenomeno, ma per ora non sembra che la spinta sia tale vincere la corrente impetuosa dei lobbysti che spinge in direzione contraria.
LA POLITICA ARRIVA DOPO – Solo di recente si è notato un interesse da parte di qualche politico statunitense al fenomeno, per ora prevalgono quelli che chiedono più informazioni sul fenomeno prima di dirsi pronti a decidere se lo HFT sia davvero quella bomba sulla quale sembra essersi seduta di nuovo l’economia mondiale o invece una normale evoluzione tecnica come furono quella del computer, del telefono o del telegrafo, che indubbiamente trasformarono l’operatività di borsa, senza che tuttavia se ne approfittasse qualcuno in maniera tanto discutibile e così poco fair.
CE LA FARANNO? – Il Nyt, nell’ottica del “giornalismo bilanciato” ha aggiunto in coda alle affermazioni di Kirilenko l’opinione di “Terrence Hendershott”, un professore un po’ di parte che si occupa della materia, che ha criticato la ricerca in quanto non prenderebbe in considerazione i vantaggi portati dall’introduzione della novità.
Vantaggi che poi diventano uno solo, il calo delle commissioni che si è esteso agli investitori ordinari, anche se per questi le commissioni hanno davvero poca importanza se poi gli investitori sono chiamati a fare le loro puntate su un tavolo che sanno truccato, è evidente che il vantaggio sulle commissioni sia del tutto irrilevante, moralmente ed economicamente. Riusciranno i nostri eroi a sanare la situazione prima che il mondo si ritrovi di nuovo a piangere su un panorama di borse devastate dalla prossima crisi “imprevista”?
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martedì 4 dicembre 2012

L’Universo, il cervello umano e internet: esistono delle similitudini?

Il Giornale Onlinedi Corrado Ruscica

Secondo uno studio recente pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Scientific Reports, la struttura dell’Universo e le sue leggi fisiche che lo governano potrebbero essere molto simili a quelle del nostro cervello e a quelle che caratterizzano internet o i social network.

“Certamente non stiamo affermando che l’intero Universo è una sorta di gigantesco cervello o computer” spiega Dmitri Krioukov del Cooperative Association for Internet Data Analysis (CAIDA), presso il San Diego Supercomputer Center (SDSC) dell’Università della California a San Diego. “Tuttavia, la recente scoperta sul fatto che esiste una forte equivalenza tra la struttura dell’Universo e le reti complesse, come internet o i social network, suggerisce sorprendentemente che possano esistere leggi fisiche simili che governano i processi dinamici di questi sistemi molto complessi”. Le similitudini al livello strutturale e dinamico che sono alla base di reti molto diverse tra loro sembrano indicare che esistono delle leggi universali anche se ci sfugge al momento quale possa essere la loro origine e natura. Oggi, grazie ad una serie di complicate simulazioni numeriche, un gruppo di ricercatori hanno dimostrato che la rete cosmica, che rappresenta la struttura su larga scala dell’Universo e che evolve man mano che lo spazio si espande accelerando, mostra delle forti somiglianze rispetto ai network più complessi, come internet, appunto, o addirittura i sistemi biologici.

“Questi risultati hanno implicazioni fondamentali sia per i network scientifici ma anche per la cosmologia in generale” commenta Krioukov. “Abbiamo scoperto che l’evoluzione dinamica su larga scala relativa alle reti più complesse e alle reti casuali diventano asintoticamente simili e questo dimostra la somiglianza che esiste tra queste reti”. Insomma, chi l’avrebbe mai detto che l’evoluzione dello spaziotempo quadridimensionale dal vuoto quantistico avesse a che fare con la struttura di internet? Ora, se immaginiamo per un attimo la struttura dell’Universo, essa ci appare astronomicamente grande, se non addirittura infinita. Ma anche se fosse finita, si calcola che essa non sia più piccola di 10^250 atomi di spazio e tempo, cioè 1 seguito da 250 zeri! Per fare un confronto, si stima che il numero delle molecole dell’acqua presenti negli oceani di tutto il mondo sia almeno di 4,4 X 10^46. Per lavorare a questa struttura immane, i ricercatori hanno trovato un modo per scalare le sue dimensioni, mantenendo comunque inalterate le proprietà fisiche e dimostrando matematicamente che queste proprietà non dipendono dalle dimensioni della struttura scelta in un determinato intervallo di parametri, come la curvatura e l’età dell’Universo. 

Una volta ottenute le dimensioni scalate, i ricercatori hanno realizzato una serie di simulazioni della struttura casuale dell’Universo utilizzando Trestles, uno dei super computer più potenti del SDSC. Dopo aver ottimizzato l’applicazione, Robert Sinkovits è stato in grado di completare il calcolo numerico in appena più di un giorno rispetto al tempo di calcolo previsto originariamente dal progetto e cioè tre o quattro anni. Non solo, ma i risultati sono stati in perfetto accordo con la teoria. Ora, però, ci si chiede se questa equivalenza asintotica possa essere frutto di una coincidenza o meno. “Potrebbe essere”, dice Krioukov, “ma la probabilità che esista una tale coincidenza è estremamente bassa. In fisica, le coincidenze sono estremamente rare e non succedono quasi mai. C’è sempre una spiegazione che non potrebbe essere ovvia al momento”. Forse, questa spiegazione potrebbe un giorno portare alla scoperta di leggi fondamentali comuni e universali di cui due diverse conseguenze sono le leggi della gravità, che descrivono la struttura su larga scala dell’Universo, e leggi ancora sconosciute che descrivono, invece, i processi dinamici dei sistemi complessi.

Fonte: 

sabato 1 dicembre 2012

Gibran.Sventurata quella nazione


"Sventurata quella nazione che lascia
la religione per l'opinione,
il viottolo di campagna per il vialetto di città,
la saggezza per la logica.


Sventurata quella nazione
che non tesse gli indumenti che indossa,
non pianta ciò che mangia,
ne pigia l'uva di cui beve il vino.

Sventurata quella nazione sottomessa
che vede la perfezione della virtù 
nella pompa del conquistatore,
ai cui occhi la bruttezza dell'oppressore   diventa bellezza.
 
Sventurata quella nazione
che combatte l'ingiustizia nei sogni,
ma cede al torto durante la veglia.
Sventurata quella nazione che alza la voce
soltanto alle cerimonie funebri,
che dimostra stima solo presso la tomba,
e aspetta a ribellarsi
solo quando ha il collo minacciato dalla lama di una spada.
Sventurata quella nazione la cui politica è fatta di sotterfugi,
la cui filosofia è impostura, la cui industria è fatta di rattoppi.
Sventurata quella nazione che saluta l'oppressore
accogliendolo con suoni di piffero e rulli di tamburo,
per poi mandarlo via a suon di fischi
e accogliere il successivo con canti e squilli di tromba.
Sventurata quella nazione in cui il saggio non ha voce,
il campione è cieco e l'avvocato balbettante.

Sventurata quella nazione in cui ogni tribù
pretende di essere una nazione a sé."

Da "Gibran, Massime spirituali"


giovedì 29 novembre 2012

Massacro sociale


 
Come ci si puo unire?
Un  terremoto,un inondazione
e tutti piu solidali.
Il consumismo ,l"egoismo personale
ci aveva diviso
questo massacro sociale
ci riunirà
se non ci riunirà,vorra dire che siamo solo
dei morti viventi.
I partiti odierni
sono solo succubi
dei poteri che
ci stanno massacrando
ora lo capiremo,
si dovra fondare
un partito
che al primo posto
metta il BENE COMUNE,
attenzione alla lega
attenzione
a non diventare
una nuova jugoslavia

Approfondire



Oggi ho incontrato
uno spasimante del giornale repubblica
per poco non ci scappa
una litigata
ho abbaiato anch"io
lui abbaiava a berlusconi
io a prodi
mi tocca sempre cercare
di riequilibrare
questo è il mio scopo
perche osannare acceca
tutti coloro che osannano,
ma anche odiare qualcuno
acceca,
sono nella stessa barca,
il pesce è in basso
loro camminano sull"acqua
il pesce è in basso
la superficie marina non nutre mai
le verita stanno in fondo
non camminate sull"acqua.
Superficialita è camminare sull"acqua
o andare in barchetta
ma tutte le più grandi verita
sono in profondita.
L"apparenza inganna
ma solo
a chi vede
con gli occhi
della PROPAGANDA.
Attenzione a quello che leggi,
e ricorda
chi s"INFORMA SUPERFICIALMENTE
è DIRETTO INCOSAPEVOLMENTE
dove vogliono i più furbi.

mercoledì 28 novembre 2012

Felicità


Nella vita ne ho fatte tante,ma da piccolo pensavo di fare un lavoro,che mi permettesse di alzarmi quando volevo,senza orari e regole,solo seguire i ritmi naturali,be oggi sto realizzando questo sogno,ma non è un mio sogno,la vita mi porta inesorabilmente nei campi,e nei campi c"è la felicita,che è la cosa piu semplice del mondo




LUI: Felicità
è tenersi per mano andare lontano
la felicità
è il tuo sguardo innocente in mezzo alla gente
la felicità
è restare vicini come bambini la felicità,
felicità

LEI: Felicità
è un cuscino di piume, l'acqua del fiume
che passa e che va
è la pioggia che scende dietro le tende
la felicità
è abbassare la luce per fare pace
la felicità,
felicità

LUI: Felicità
è un bicchiere di vino con un panino
la felicità
è lasciarti un biglietto dentro al cassetto
la felicità
è cantare a due voci quanto mi piaci
la felicità, felicità

INSIEME: Senti nell'aria c'è già
la nostra canzone d'amore che va
come un pensiero che sa di felicità
Senti nell'aria c’è già
un raggio di sole più caldo che va
come un sorriso che sa di felicità

LEI: Felicità
è una sera a sorpresa la luna accesa
e la radio che va
E' un biglietto d'auguri pieno di cuori
la felicità
è una telefonata non aspettata
la felicità,
felicità

LUI: Felicità
è una spiaggia di notte, l’onda che batte
la felicità
è una mano sul cuore piena d’amore
la felicità
è aspettare l’aurora per farlo ancora
la felicità, felicità

INSIEME: Senti nell'aria c'è già
la nostra canzone d'amore che va
come un pensiero che sa di felicità
Senti nell'aria c’è già
un raggio di sole più caldo che va
come un sorriso che sa di felicità

Senti nell'aria c'è già
la nostra canzone d'amore che va
come un pensiero che sa di felicità
Senti nell'aria c’è già
un raggio di sole più caldo che va
come un sorriso che sa di felicità

lunedì 26 novembre 2012

E'solo un giro di giostra




"Il mondo è come un giro di giostra in un parco giochi. Quando ci sei dentro pensi che tutto sia reale perché questo è il potere della nostra mente. La giostra va su e giù, e gira intorno, ti fa tremare e rabbrividire, è coloratissima e rumorosa, ed è divertente, per un po'. 

Alcune persone ci sono su da tanto tempo e cominciano a chiedersi : "Tutto questo è la realtà o è solo un giro di giostra?” Altri si sono ricordati e vengono da noi per dirci: “Ehi! Non vi preoccupate, non abbiate paura, mai, perché questo è solo un giro di giostra.” E noi...uccidiamo quelle persone. “Fatelo tacere! Abbiamo investito un sacco in questo giro di giostra. Fatelo tacere! Guardate la mia fronte preoccupata. Guardate il mio grosso conto in banca, la mia famiglia. Questo deve essere reale!”...É solo un giro di giostra. Ma noi uccidiamo sempre quella brava gente che tenta di dircelo, l'avete mai notato? E lasciamo che i demoni si scatenino. Ma non ha importanza, perché… è solo un giro di giostra. E possiamo cambiare le cose in qualunque momento.
É soltanto una scelta. Niente sforzo, niente lavoro, niente occupazione, niente risparmi o denaro. Una scelta proprio ora… tra paura e amore.
Gli occhi della paura vogliono che voi mettiate serrature più grandi alla vostra porta, che compriate delle armi, che vi isoliate. Gli occhi dell'amore, invece, ci vedono tutti come una cosa sola.

Ecco cosa possiamo fare per cambiare il mondo, proprio adesso, in un giro di giostra migliore. Prendiamo tutti i soldi che spendiamo in armi e nella difesa ogni anno e spendiamoli invece in cibo, vestiti ed educazione per i poveri del mondo, e basterebbe a farlo molte volte, nessun essere umano escluso, e potremo esplorare lo spazio, insieme, per sempre, in pace."

sabato 24 novembre 2012

Gioia sempre nuova


Da questo libro il risveglio non è altro che un continuo riconoscimento,,,preso in questo fantastico blog,,,www.itisnotreal.net/

La relazione tra i sensi e la mente si rompe e i sensi cominciano a riconoscere che la
Consapevolezza neutra, quieta e gioiosa è sempre presente. I sensi allora preferiscono
restare là, immersi nella Consapevolezza, e iniziano a ignorare gli impulsi della mente.
Quando questo processo diventa più profondo, i sensi e i prana (shakti, l’energia vitale)
iniziano a fondersi l’uno nell’altro e da ciò emerge un  sesto senso  interiore che
possiamo chiamare intuizione.
È questo sesto senso che percepisce il Sé. I Maestri che dicono che il Sé non può
essere conosciuto non sbagliano, ovviamente, ma quel che essi intendono dire è che il
Sé non può essere conosciuto attraverso la conoscenza ordinaria dei cinque sensi, che
possono darci solo la conoscenza del mondo. Il Sé è percepito e conosciuto come
GIOIA SEMPRE NUOVA attraverso questo sesto senso intuitivo.
Rajiv Kapur

La nostra vita è una menzogna


giovedì 22 novembre 2012

Del ricoprirsi del Papalagi, dei suoi molti panni e stuoie


Il Papalagi è continuamente preoccupato di coprire ben bene la sua carne. «Il corpo e le sue membra sono carne, solo quello che sta sopra il collo è il vero uomo»; così dunque mi disse un bianco che godeva di grande prestigio ed era considerato molto saggio. Voleva dire che degna di considerazione è solo la parte dove hanno dimora lo spirito e tutti i buoni e i cattivi pensieri. La testa. Quella, e in caso estremo anche le mani, il bianco le lascia volentieri scoperte sebbene anche la testa e le mani altro non siano che carne e ossa. Chi lascia vedere la propria carne, non può più vantare alcun diritto di essere chiamato civile. Quando un giovane sposa una fanciulla, non sa mai se è stato imbrogliato, perché non ha mai visto il suo corpo.
La carne è peccato. Così dice il Papalagi. Poiché il suo spirito è grande grazie al suo pensiero. Il braccio che si leva per il lancio nella luce del sole, è una freccia del peccato Il petto su cui ondeggia l'onda del respiro, è la dimora del peccato... Le membra con le quali la vergine ci offre una danza sono peccaminose. E anche le membra che si toccano per fare la creatura a gioia della grande terra, sono peccato. Tutto è peccato ciò che è carne. In ogni tendine c'è un veleno, un subdolo veleno che passa da creatura a creatura. Chi anche solo guarda la carne, sugge il veleno, ne è ferito, è altrettanto riprovevole e perverso quanto colui che la mette in mostra. Così dunque dicono le sacre leggi morali dell'uomo bianco.
Anche per questo il corpo del Papalagi è ricoperto dalla testa ai piedi di panni, stuoie e pelli, in maniera così fitta e spessa che non un occhio umano vi può giungere, non un raggio di sole, così che il suo corpo diventa smorto, bianco e appassito come i fiori che crescono nel profondo della foresta vergine.
Lasciate che vi descriva, più ragionevoli fratelli delle molte isole, quale peso un solo Papalagi porta sul suo corpo. Prima di tutto, sotto ogni altra cosa, egli avvolge il suo corpo nudo in una pelle bianca, ottenuta con le fibre di una pianta, chiamata pelle di sopra. La si solleva e la si lascia ricadere dall'alto verso il basso, da sopra la testa, sul petto e sulle braccia, fino all'altezza dei fianchi. Sopra le gambe e le cosce e fino all'ombelico, tirata dal basso verso l'alto, viene la cosiddetta pelle di sotto. Entrambe sono poi ricoperte da una terza pelle, più spessa, intessuta con i peli di un animale, un quadrupede lanoso, che viene allevato appositamente a questo scopo. Questi sono i veri e propri panni e consistono per lo più di tre parti, una che copre il busto, l'altra l'addome e la terza le cosce e le gambe. Le tre parti sono tenute insieme da conchiglie e funi fabbricate con i succhi disseccati dell'albero della gomma, così che da ultimo sembrano fatte di un pezzo solo. Questi panni sono nella maggior parte dei casi di un colore grigio come la laguna nella stagione delle piogge. Non devono mai essere colorati. Tutt'al più quello di mezzo, e anche qui soltanto per gli uomini che amano far parlare di se e corrono molto dietro alle donne.
l piedi infine vengono avvolti in una pelle morbida e in una molto rigida. Quella morbida è per lo più elastica e si adatta facilmente al piede, al contrario di quella rigida. Anche questa è fatta con la pelle di un robustissimo animale, la quale viene lasciata a bagno nell'acqua, poi raschiata con un coltello, battuta e stesa al suolo fino a che si è completamente indurita. Con questa il Papalagi si costruisce poi una sorta di canoa dal bordo molto alto, grande giusto quanto basta per farvi entrare il piede. Queste barche da piedi vengono poi legate e allacciate con cordoni e ganci intorno alla caviglia, così che il piede resta chiuso in un rigido guscio, come il corpo di una lumaca di mare. Queste pelli da piedi il Papalagi se le porta addosso dal levar del sole fino al tramonto, con esse fa i suoi viaggi, danza e le porta anche quando fa caldo come dopo la pioggia tropicale.
Poiché tutto ciò è assai innaturale, come il bianco del resto ben comprende, e rende i piedi come morti, tanto che cominciano a puzzare, e poiché in effetti la maggiore parte dei piedi europei non sanno più afferrare una cosa o arrampicarsi su una palma, per tali ragioni il Papalagi cerca di nascondere la sua follia ricoprendo la pelle di questo animale, che al naturale sarebbe rossastra, con molto sudiciume, che poi rende lucido a furia di strofinare, così che gli occhi non possono sopportarne il luccichio e si volgono altrove.
Una volta, in Europa viveva un Papalagi che divenne famoso e dal quale andava molta gente, perché diceva loro: «Non è bene che portiate ai piedi pelli così strette e pesanti, andate a piedi nudi sotto il cielo, fintanto che la rugiada della notte copre i prati, e tutte le malattie si allontaneranno da voi». Quest'uomo era molto sano e saggio; ma tutti hanno sorriso di lui e lo hanno presto dimenticato.
Anche la donna porta come l'uomo molte stuoie e panni intorno al corpo e intorno alle gambe. La sua pelle è perciò tutta segnata da cicatrici e ferite a causa dei lacci. I seni sono vizzi e spenti e non danno più latte, per l'oppressione di una stuoia che lei si lega intorno al petto, dal collo fino al basso ventre, e anche sulla schiena, una stuoia indurita e irrigidita con ossa di pesce, filo di ferro e vari legacci. Perciò la maggior parte delle madri non possono più allattare i propri figli e devono dare loro il latte in un rotolo di vetro, chiuso sotto e munito al di sopra di un capezzolo finto. E non e neppure il proprio latte, quello che danno loro, ma il latte di brutti animali rossastri e cornuti ai quali viene tolto con la forza, premendolo fuori da quattro tappi che hanno sotto la pancia.
Per il resto i panni delle donne e delle fanciulle sono molto più sottili e leggeri di quelli degli uomini, e possono anche essere variopinti e luccicare tanto da essere visti da lontano. Inoltre lasciano anche spesso intravedere collo e braccia e più carne di quelli degli uomini. Tuttavia è considerata buona cosa che una fanciulla si copra molto e allora la gente dice di lei con compiacimento: «È casta», e ciò sta a significare che rispetta le leggi dei buoni costumi.
Perciò non ho mai capito perché in occasione delle grandi feste e dei banchetti le donne e le fanciulle possono lasciar scoperta molta più carne sul collo e sulle spalle, senza che ciò sia vergogna. Ma forse questo rappresenta appunto il pepe della festa, che in tali occasioni venga permesso ciò che non è consentito tutti i giorni.
Solo gli uomini tengono sempre ben coperti il collo e la schiena. Dal collo fino ai capezzoli, le signore portano ben disteso un pezzo di panno rigido, grande quanto una foglia di taro. Sopra di esso posa, legato intorno al collo, un cerchio anch'esso bianco e rigido dello stesso panno, e questo rigido anello egli lo cinge con una striscia di panno colorato, che annoda come la fune di una barca e poi trafigge con un chiodo d'oro o vi mette sopra una perla di vetro, e lascia che il tutto gli penzoli davanti come un'insegna. Molti Papalagi portano anche rigidi anelli di panno bianco ai polsi; mai però alle caviglie.
Quell'insegna bianca e gli anelli bianchi ai polsi sono di grande importanza. Un Papalagi non compare mai senza questo ornamento davanti a una donna. Cosa molto grave è quando il rigido anello è diventato nero e non porta più nessuno splendore di luce. Molte signore importanti cambiano perciò ogni giorno gli anelli bianchi e rigidi sia al collo, sia ai polsi.
Mentre la donna possiede numerosi panni colorati da festa, che custodisce in molte casse, collocate ritte in piedi, e si dà molto pensiero di quello che indossa oggi o domani, se deve essere lungo o corto, e parla sempre con molto amore degli ornamenti che ci deve mettere sopra, l'uomo ha di solito un unico abito da festa e non ne parla quasi mai. Questa è la cosiddetta giubba a coda di rondine, di panno nero come la notte, che in fondo alla schiena finisce a punta, come la coda di un pappagallo della foresta. Con questo abito da festa anche le mani devono avere una pelle bianca, che ricopre strettamente tutte le dita, tanto che il sangue ribolle e affluisce al cuore. Per tale ragione è talvolta anche consentito che uomini ragionevoli tengano queste pelli solo in mano o che le infilino dentro il panno, all'altezza del cuore.
Non appena un uomo o una donna lasciano la capanna per passare sulla strada, subito si avvolgono in un ulteriore panno, che è pesante o leggero secondo che brilli il sole o faccia freddo. Poi si coprono anche la testa, gli uomini con un vaso nero e rigido, arrotondato e vuoto all'interno, come il tetto di una casa delle Samoa; le donne invece con grandi canestri e ceste rovesciate sui quali annodano fiori che non sfioriscono mai, piume, strisce di panno, perle di vetro e altri ornamenti di ogni genere. Assomigliano agli ornamenti che hanno sul capo le vergini durante una danza di guerra, solo che questo è molto più bello e anche nella danza o nella tempesta non può cadere. Gli uomini sollevano questi vasi da testa a ogni incontro, in segno di saluto, mentre le donne piegano solo lievemente in avanti il peso che portano sul capo, come una barca mal caricata.
Solo la notte, quando il Papalagi brama la sua stuoia, egli si toglie di dosso tutti quei panni, ma subito se ne infila un altro, un pezzo unico aperto sui piedi, che lascia scoperti. Anche le donne e le fanciulle portano questo panno da notte, per lo più riccamente adorno intorno al collo, sebbene di questo si veda ben poco. Non appena il Papalagi si è steso sulla sua stuoia, subito si ricopre dalla testa ai piedi con le piume strappate dalla pancia di un grande uccello e rinchiuse in un grande telo perché non possano disperdersi e volare via. Queste piume inducono il corpo a sudare e il Papalagi così pensa di essere steso al sole, anche quando non lo è. Perché, in realtà, del vero sole il Papalagi non si interessa molto.
È ora ben chiaro che, con tutte queste cose addosso, il corpo del Papalagi diventa bianco e smorto, senza il colore della gioia. Ma lui ama fare così. In effetti le donne, specialmente le fanciulle, sono preoccupate di proteggere la pelle, perché non si arrossi nella grande luce, e a loro difesa, non appena si espongono al sole, si aprono un tetto sopra la testa. Come se il pallido colore della luna fosse loro più gradito del colore del sole. Ma al Papalagi piace farsi in tutte le cose una saggezza e una legge secondo il suo pensiero. Poiché il suo naso è appuntito come il dente di un pescecane, lo trova bello; e il nostro, che è sempre tondo e morbido, lo trova brutto, sgraziato, mentre noi diciamo esattamente il contrario.
Essendo i corpi delle donne e delle fanciulle così accuratamente ricoperti, gli uomini e i giovanetti provano un intenso desiderio di vedere la loro carne, come è naturale. Notte e giorno ci pensano e parlano molto delle forme delle donne e delle fanciulle, e sempre in modo che ciò che è bello e naturale appaia un grande peccato, come qualcosa che può essere visto solo nell'ombra più fonda. Se lasciassero vedere la carne più apertamente, potrebbero dedicare i loro pensieri ad altre cose, e i loro occhi non si storcerebbero e le loro bocche non pronuncerebbero parole vogliose ogni volta che incontrano una fanciulla.
Ma la carne è peccato, è di demonio. C'è pensiero più stolto, cari fratelli? Se si dovesse credere alla parola del bianco, si dovrebbe con lui desiderare piuttosto che la nostra carne fosse rigida come lava e priva di quel dolce calore che viene da dentro. Ma noi vogliamo ancora rallegrarci della nostra carne che può parlare con il sole, di poter muovere le gambe come il cavallo selvatico perché nessun panno le lega e nessuna pelle appesantisce i piedi, di non essere costretti a fare attenzione perché il nostro copricapo non ci cada dalla testa. Godiamoci la gioia che ci dà la vergine che è bella nel corpo e mostra le sue membra al sole e alla luce della luna. Stolto, cieco e senza il senso della vera gioia è il bianco che deve tanto ricoprirsi per essere senza vergogna.

mercoledì 21 novembre 2012

Le molte cose fanno povero il Papalagi

Discorso di un capo polinesiano,su noi cosiddetti civili,chiamati Papalagi

E anche in questo riconoscerete il Papalagi, perché tenta di convincerci che noi siamo poveri e miserevoli e abbiamo bisogno di molto aiuto e compassione perché non possediamo le cose.
Lasciate che vi dica, miei cari fratelli delle molte isole, che cos'è una cosa. La noce di cocco è una cosa, il panno, la conchiglia, lo scacciamosche, l'anello che porti al dito, la ciotola in cui mangi, gli ornamenti che porti in capo. Tutte queste sono cose. Ma ci sono due generi diversi di cose. Ci sono le cose fatte dal Grande Spirito, senza che noi lo vediamo, e che a noi uomini non costano né denaro, né fatica alcuna, come la noce di cocco, appunto, la conchiglia, la banana; e ci sono cose fatte dagli uomini, che costano lavoro e fatica, come gli anelli, la ciotola o lo scacciamosche. Il signore intende quindi le cose che egli può fare con le sue stesse mani, le cose dell'uomo, e sono queste che ci mancano; poiché non può certo riferirsi alle cose del Grande Spirito. Gettate intorno lo sguardo, fino all'orizzonte, dove l'estremità della terra sostiene l'immensa volta azzurra. Tutto è pieno di grandi cose: la foresta con le sue colombe selvatiche, i colibrì e i pappagalli; la laguna con i suoi frutti, le conchiglie, le aragoste e gli altri animali d'acqua; la spiaggia con il suo volto chiaro e la morbida pelliccia della sua sabbia; la grande acqua, che può mostrarsi irata come un guerriero o sorridere dolcemente come una vergine del villaggio; la grande volta azzurra, che si trasforma a ogni ora del giorno e porta grandi fiori che ci danno luce d'oro e d'argento. Perché dovremmo essere tanto stolti da aggiungere a queste altre cose, da mettere cose dell'uomo accanto a quelle sublimi del Grande Spirito? Non potremmo mai comunque uguagliarlo, poiché il nostro spirito è troppo piccolo e debole di fronte alla potenza del Grande Spirito; e anche la nostra mano è troppo debole in confronto alla sua, grande e possente. Tutto ciò che possiamo fare è soltanto poca cosa e non vale la pena di parlarne. Possiamo rendere più lungo il nostro braccio per mezzo di una clava, possiamo allargare la nostra mano per mezzo di una ciotola di legno, ma non c'è mai stato un samoano e neppure un Papalagi che abbia fatto una palma o una radice di kava.
Naturalmente il Papalagi crede di poter fare queste cose, crede di essere forte come il Grande Spirito. E mille e mille mani non fanno altro che preparare cose, dal levarsi al cadere del sole. Cose dell'uomo, di cui non conosciamo lo scopo, di cui non vediamo la bellezza. E il Papalagi pensa sempre nuove cose, continuamente. Le sue mani tremano di febbre, il suo volto diventa grigio come la cenere e la schiena gli s'incurva; ma lui brilla di gioia quando riesce a costruire una cosa nuova. E subito tutti vogliono avere la cosa nuova, e la ammirano, si mettono davanti a essa e la cantano nella loro lingua.
O miei fratelli, se voi voleste credermi: io sono riuscito a entrare nel pensiero del Papalagi e ho visto la sua volontà, come s'egli fosse illuminato dal sole di mezzogiorno. Poiché là dove egli arriva, distrugge le cose del Grande Spirito, e vuole poi riportare in vita con il proprio potere ciò che uccide, e con ciò far credere a se stesso di essere lui il Grande Spirito perché sa fare tante cose.
Fratelli, pensate se fra un'ora venisse la grande tempesta e sradicasse la foresta e portasse via le montagne con tutti gli alberi e tutte le foglie e trascinasse via con sé tutte le conchiglie e gli animali della laguna e non ci fosse più neppure un fiore di ibisco con cui le nostre fanciulle potessero adornarsi i capelli. Se tutto, tutto ciò che vediamo scomparisse e non restasse altro che sabbia, e la terra somigliasse a una nuda mano tesa o a una collina su cui è scivolata la lava incandescente, come piangeremmo sulle palme, sulle conchiglie, sulla foresta, su tutto. Là dove si trovano le molte capanne del Papalagi, nei luoghi ch'egli chiama città, là però la terra è nuda come una mano tesa, e per questo il Papalagi si smarrisce nella follia e gioca a fare il Grande Spirito: per dimenticare ciò che non possiede. Poiché egli é così povero e la sua terra così triste, afferra le cose, le raccoglie come il pazzo raccoglie le foglie secche e con esse riempie la sua capanna. Per questo però ci invidia e vorrebbe che noi diventassimo poveri come lui.
Grande povertà è quando l'uomo ha bisogno di tante cose: perché così egli dimostra di essere povero di cose del Grande Spirito. Il Papalagi è povero perché desidera tanto ardentemente le cose. Non può vivere senza di esse. Quando con il dorso di una tartaruga si costruisce un arnese per lisciarsi i capelli, quando vi ha messo dell'olio, fa ancora una pelle per l'utensile, una piccola cassa per la pelle e una cassa più grande per quella più piccola. Mette tutto in pelli e in casse. Ci sono casse per panni inferiori e superiori, per panni da lavare, panni da bocca e altri panni, casse per le pelli da mani e per le pelli da piedi, per il metallo rotondo e per la carta pesante, per le provviste di cibo e per il Libro Sacro, per tutto e per ogni cosa. Di tutte le cose ne fa tante, quando una sola basterebbe. Vai in una cucina europea e vedi moltissime ciotole per il cibo e altri strumenti per cucinare che non vengono mai usati. E per ogni cibo c'è una diversa ciotola: una per l'acqua diversa da quella per la kava europea, una per la noce di cocco diversa da quella per la colomba.
Una capanna europea ha tante cose, che se anche tutti gli uomini di un villaggio delle Samoa se ne caricassero completamente le mani e le braccia non basterebbero a portarle tutte. In una sola capanna ci sono un tal numero di cose, che tanti capi bianchi hanno bisogno di molti uomini e donne che non facciano altro che mettere tutte queste cose al loro posto e ripulirle della sabbia. E persino la più nobile vergine consuma molto del suo tempo a contare le molte cose, a sistemarle e a pulirle.
Fratelli, voi sapete che io non mento e vi dico tutto come io in verità ho veduto, senza nulla togliere o aggiungere. Così, credetemi, in Europa ci sono persone che si puntano la canna da fuoco alla fronte e si uccidono perché preferiscono morire piuttosto che vivere senza cose. Poiché il Papalagi inebria in mille maniere il suo spirito e così si convince di non poter vivere senza le cose, come nessun uomo può vivere senza cibo.
Per questo non ho mai trovato in Europa una capanna dove potessi stendermi bene sulla mia stuoia senza che qualcosa urtasse le mie membra quando mi allungavo. Tutte le cose mandavano lampi o gridavano forte con la bocca del loro colore, così che non potevo chiudere gli occhi. Mai riuscii a trovare un giusto riposo e mai provai maggior nostalgia per la mia capanna delle Samoa, nella quale non ci sono cose, se non la mia stuoia e il rotolo per poggiare la testa, e dove nulla arriva all'infuori del dolce aliseo che viene dal mare.
Chi possiede poche cose si considera povero e ne soffre. Non c'è Papalagi che canti e abbia uno sguardo lieto quando non ha nulla all'infuori della sua stuoia e della sua ciotola, come accade a ciascuno di noi. Gli uomini e le donne del mondo bianco piangerebbero di malinconia nelle nostre capanne, si affretterebbero a correre nella foresta per prendere legno e cercare il guscio della tartaruga, vetro, filo di ferro o pietre colorate o molte altre cose ancora, e continuerebbero da mattina a sera a tenere in moto le loro mani, fino a quando la loro casa delle Samoa si fosse riempita di cose grandi e piccole. Tutte cose che facilmente si rompono, che ogni piccolo fuoco e ogni pioggia tropicale possono distruggere e spazzar via, e che devono perciò essere continuamente rifatte.
Quanto più un uomo è un vero europeo, tanto maggiore è il numero delle cose di cui ha bisogno. Per questo le mani del Papalagi non stanno mai ferme, non riposano mai: per il gran fare le cose. Per questo i volti dei bianchi sono spesso così stanchi e tristi, e per questo pochissimi fra di loro arrivano a vedere le cose del Grande Spirito, a giocare sulla piazza del villaggio, a dire e cantare liete canzoni o, nei giorni di sole, a danzare nella luce e a rallegrarsi come a noi tutti è dato di fare. Loro devono fare cose. Devono custodire le loro cose. Le cose stanno loro addosso e strisciano loro intorno come le formichine della sabbia. Compiono con gelido cuore qualsiasi delitto, per ottenere le cose. Si fanno la guerra fra di loro, non per l'onore dell'individuo, o per misurare le loro vere forze, ma solo per amore delle cose.
Tuttavia, tutti loro sanno la grande povertà della loro vita, altrimenti non ci sarebbero tanti Papalagi che godono di grande onore perché passano tutta la loro vita a intingere ciuffi di peli in succhi di ogni colore, e con essi gettano belle immagini su bianche stuoie. Scrivono così tutte le belle cose di Dio, tanto variopinte e liete quanto loro riesce di fare. Con la terra molle danno forma a creature senza panni, fanciulle con i bei movimenti liberi di una vergine del villaggio Matautu, oppure a figure maschili che levano la clava, che tendono l'arco e spiano nella foresta la colomba selvatica. Creature di argilla alle quali il Papalagi costruisce intorno capanne a festa, dove la gente arriva da lontano per contemplarle e godere della loro bellezza e santità. Stanno davanti a esse avvolti fittamente nei loro molti panni e rabbrividiscono. Io ho visto il Papalagi piangere di gioia davanti a tanta bellezza, che lui stesso ha perduto.
Ora gli uomini bianchi vorrebbero portare a noi i loro tesori, perché anche noi diventiamo ricchi delle loro cose. Ma queste cose non sono che frecce avvelenate, di cui si muore quando colpiscono il petto. «Dobbiamo creare loro dei bisogni», ho udito dire da un uomo bianco che conosce bene la nostra terra; e bisogni vuol dire cose. «Allora diventeranno desiderosi di lavorare», diceva ancora quell'uomo sapiente. E intendeva dire che dovremmo impiegare anche noi la forza delle nostre mani per fare le cose. Cose per noi, ma in primo luogo per il Papalagi. Anche noi dobbiamo essere stanchi e grigi e curvi.
Fratelli delle molte isole, dobbiamo vegliare e stare all'erta, perché le parole del Papalagi sembrano dolci banane, ma sono piene di lance segrete che vogliono uccidere in noi la luce e la gioia. Non dimentichiamo mai che a noi occorre ben poco, all'infuori delle cose del Grande Spirito. Egli ci ha dato gli occhi per vedere le sue cose. E ci vuole più di una vita per vederle tutte. E non c'è mai stata menzogna più grande sulle labbra dell'uomo bianco di questa: che le cose del Grande Spirito non sono di utilità mentre le sue sarebbero molto più utili. Le sue cose sono così grandi in numero, che brillano e scintillano, e cercano in mille modi di conquistarci; non hanno però mai fatto un Papalagi più bello nel corpo, né i suoi occhi più brillanti o i suoi sensi più forti. Quindi anche le sue cose non servono a nulla, e dunque ciò che egli dice e vuol spingerci a fare appartiene al cattivo spirito e il suo pensiero è imbevuto di veleno

martedì 20 novembre 2012

Essenza del tantra

La conoscenza è sempre conoscenza di questo e di quello,ma non la comprensione.La conoscenza è conoscenza della dualita.Un uomo buono conosce la bonta,un uomo malvagio conosce la malvagita,tutti e due sono esseri frammentari,sono dimezzati.La bonta dell"uomo buono è povera,manca della comprensione profonda contenuta nella malvagita;e la malvagita dell"uomo malvagio è povera,non conosce la ricchezza della bonta.La vita è tutte e due insieme.Chi comprende veramente non è ne buono, ne  cattivo,comprende tutte e due le cose,nel comprenderle le trascende.Il Saggio non è ne buone ne cattivo,è impossibile definirlo per mezzo di qualsiasi categoria,è impossibile incasellarlo.Il saggio è elusivo inafferabile.Qualsiasi cosa,tu dica di lui,è solo meta della verita.I suoi seguaci ed amici,lo considerano Dio,perche ne vedono solo la parte buona,i suoi nemici lo considerano il diavolo,perchè ne vedono solo la parte cattiva.Ma chi lo conosce sa che non è ne l"una ne l"altra cosa,oppure è tutte e due insieme.Sono due modi di dire la stessa cosa.Essendo le due cose insieme,buono e cattivo,non si è ne l"una ne l"altra,si elidono a vicenda,si negano a vicenda,e lasciano uno spazio VUOTO.
Questo concetto è difficile da afferarre per la mente occidentale,perchè la mente occidentale ha tracciato una linea di demarcazione assoluta tra Dio e Diavolo.Tutto il bene appartiene a Dio e tutto il male al diavolo,le loro rispettive sfere d"influenza sono rigidamente separate,paradiso ed inferno non s"intersecano.Perciò i santi cristiani fanno una figura un po meschina ,accanto ai saggi tantrici.Sono buoni ma SEMPLICIOTTI,non conoscono l"altro lato della vita.E perciò ne hanno paura!Pregano costantemente perche Dio li liberi dal male.Il male si annida sempre dietro l"angolo.sono riusciti ad evitarlo,ma quando si evita qualcosa,lo si ha continuamente presente..
Un Tilopa non ignora la paura,e non ha bisogno d"invocare la protezione divina,è gia protetto.In cosa consiste la sua protezione? Nella comprensione.

MALE NON FARE;;;PAURA NON AVERE

Passaggio del libro Tantra la comprensione suprema, di OSHO,poco dopo parla di Tilopa che mangia nel teschio.AHAHAH